Dal Sole 24 Ore: Vino, contraffazione per due miliardi di euro

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La contraffazione dei vini italiani nel mondo vale circa due miliardi: esattamente il 30% dei sei miliardi che Federalimentare stima, nel complesso, la piaga delle frodi di prodotti agroalimentari. «Un danno enorme per il nostro Paese e i produttori – commenta Daniele Rossi, ad di Federalimentare Servizi e neo presidente del cluster agrifood Miur – che corrisponde al 40% del valore dell’export dell’anno scorso». Se poi si aggiungono i 54 miliardi stimati per l’Italian sounding (l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promuovere prodotti non italiani) allora il “falso italiano” arriva a 60 miliardi. «Se solo si riuscisse a recuperare il 2-3% l’anno dell’Italian sounding sarebbe un grande successo», commenta Rossi.
A proposito dell’agro-pirateria, ieri a Vinitaly l’assessore regionale all’agricoltura delle Marche, Maura Malaspina stimava che per il Verdicchio, vino simbolo della Regione, «si può ipotizzare che su 17 milioni di export nel 2013, possano circolare imitazioni o richiami del Verdicchio per circa 30 milioni».
Durante la kermesse veronese Coldiretti ha allestito nel proprio stand la “Cantina degli orrori”, cioè tutti i tentativi malriusciti di contraffazione e imitazione: dal Bordolino nella versione bianco e rosso con tanto di bandiera tricolore al Meersecco; ma ci sono anche il Barbera bianco prodotto in Romania e il Chianti fatto in California, il Marsala sudamericano e quello statunitense e il Kressecco tedesco. La falsificazione colpisce anche i liquori nazionali più prestigiosi come dimostrano il Fernet Veneto e il Capri rigorosamente made in Argentina.
Che fare? «Non possiamo rimanere impotenti – dice Rossi – anche se dobbiamo essere realisti sulla possibilità di porre rimedio a un fenomeno tanto esteso». Gli industriali dell’alimentare hanno avanzato ieri cinque proposte di contrasto all’Italian sounding, nel corso del seminario di Confindustria, Ice e Istat su “Internazionalizzazione del sistema alimentare italiano” nella cornice del 38° Salone del vino: costituzione di una rete di studi legali di riferimento a carico della Pa; ripristino dei desk anticontraffazione e potenziamento delle ambasciate italiane nella rete di monitoraggio e di azione legale; aumento dello stanziamento complessivo al Piano promozionale Ice per il settore alimentare a 5 milioni di euro; inserimento di clausole a tutela dei prodotti e divieto di evocazione all’interno degli accordi Wto e trattati bilaterali di libero scambio; potenziare la partecipazione a manifestazioni fieristiche e rafforzare le relazioni con i principali attori stranieri del canale horeca e della grande distribuzione.
Secondo Malaspina, per salvaguardare la produzione enologica nazionale «servono accordi bilaterali e azioni promozionali». E infatti i negoziati attualmente in corso sono una trentina. Compreso quello importantissimo tra Ue e Stati Uniti. In tutti questi tavoli aperti le barriere non tariffarie e regolamentari sono le più importanti da abbattere. «Per noi il modello è l’accordo di libero scambio raggiunto con il Canada – dice Rossi –. Le indicazioni geografiche sono di interesse strategico e l’accordo con il Canada regola la convivenza di marchi e indicazioni e mette un limite preciso all’Italian sounding».
Il negoziato con gli Stati Uniti però si annuncia difficile, anche perché è diventato un caso politico: la metà dei membri del Senato ha sottoscritto una lettera in cui chiede al governo americano di respingere il tentativo europeo di inserire le Igp nel Patto transatlantico. I 55 senatori temono che la Ue utilizzi gli accordi di libero scambio per imporre barriere all’export americano con la scusa della protezione delle indicazioni geografiche.
[FONTE]
Emanuele Scarci – Il Sole 24 Ore